Le varie amministrazioni del Comune di Cagliari che si sono succedute negli anni non hanno mai mostrato grande considerazione per le vestigia del passato e di ciò che esse contengono. Il modernismo e l’omologazione a schemi e modelli urbani di importazione hanno generato delle vere oscenità, vedasi al riguardo il palazzo della Regione in Via Roma, gli specchi apposti alla chiesa di San Saturnino e per finire al Campus di Tiscali in area SIC e alle 4 torri sulla laguna.
Questo è in parte dovuto al fatto che sono nate e morte diverse città di Cagliari, grosso modo sempre negli stessi luoghi ma, anziché realizzarsi una funzionale conservazione “dell’ Universo creato” si è nella maggior parte dei casi preferito “bonificare” facendo credere di voler recuperare, ma di fatto distruggendo e ricoprendo con asfalto o cemento le ricchezze del passato, in forza del vecchio principio “Occhio non vede e cuore non duole”.
Certo la città deve vivere e ogni popolazione ha le sue necessità ed esigenze, espressioni del tempo in cui si vive, ma…c’è un ma.
Che benefici si potranno mai avere se si cancella metodicamente una memoria, una identità e in tal modo il senso di appartenenza a una comunità? Se non ci si preoccupa di trasmettere dei valori e sentimenti di autentico legame con il territorio e l’ambiente e sviluppare conoscenza e soggettività relazionali?
Certo a molti di voi questi discorsi non piacciono perché direte “Ma lo sviluppo non si può certo fermare per 4 cocci o per un muretto di pietre” e poi…”dobbiamo lavorare e migliorare la qualità di vita per noi e i nostri figli…ecc. ecc.”
Ma voi pensate davvero che la qualità di vita migliori costruendo ipermercati, multisale, devastando le specificità di un territorio e l’identità delle persone e non preoccupandosi minimamente di salvaguardare in modo funzionale le vere risorse ambientali e culturali che la città di Cagliari possiede? Non vi accorgete che ci stiamo tutti inaridendo?
Santa Gilla, Tuvixeddu, Area archeologica di Bonaria, Santa Igia, San Pietro dei pescatori, Sant’Ignazio, Cuccuru Ibba, Cavità sotterranee, endemismi di flora e fauna, tradizioni legate alla cultura del mare e della laguna, arcaiche cerimonie, sagre e tradizioni e piatti tipici sono tutte risorse che attendono un vero recupero nonché una positiva e integrata fruizione. Nessuno comprende quanto questi elementi siano importanti basta collegarli fra loro e sviluppare una credibile offerta che coinvolga tutti i settori della nostra economia.
Fra le tante incongruenze che questa anomala Giunta di centro sinistra sta realizzando in città vi sono degli inquietanti segnali che ci sembra vadano proprio in questa direzione.
Personalmente ritengo che non basti rivoluzionare il traffico della città con improbabili piste ciclabili e rotatorie fuori dal normale per dire di essere ambientalisti o peggio andare a compromettere con Ecocentri un quartiere già provato da tanti errori commessi, come Sant’Elia o un’area di strategica importanza ambientale e archeologica come campo Scipione a San Paolo, per dire di voler fare del bene alla città. Secondo me il bene lo si fa solo per le imprese che avranno in appalto i lavori e per coloro che utilizzeranno con profitto le strutture realizzate. E cosa dire poi per la realizzazione del nuovo centro abitativo di Via dei Valenzani sotto Monte Claro, dei parcheggi di Castello o del nefasto progetto di “recupero?!?” dell’ ex fabbrica di Marino Cao a Villanova, strutture e terreno che ben potrebbero prestarsi ad un altro e più sostenibile uso essendo rare testimonianze di sincretismo socio-culturale ed economico-produttivo fra il mondo agricolo del campidano e quello urbano di Cagliari con la sua espansione verso nord-est.
Ma per concludere permettetemi di ricordarvi quanto sia importante l’area di San Paolo, Campo Scipione e del Fangario che per tanti, troppi cagliaritani, e non solo, non rappresenta molto anzi, spesso viene definita come area di degrado che deve essere urbanizzata. Come se la realizzazione di infrastrutture, anonimi edifici, e negozi da soli possano garantire il benessere delle persone.
Pensate che in questi 15/20 ettari vi sono ancora sepolte sotto pochi centimetri di fango della laguna, strade, depositi, parcheggi, proprio in prossimità di città Mercato, degli ex depositi di carburante Pernis e la ex centrale ENEL, tombe, edifici di varie epoche fenicio puniche, romane e giudicali, depositi di ceramiche, antico porto, edifici di culto cattolico e pagano, antiche mura…Pensate quanto si potrebbe fare se si realizzassero non degli scavi di emergenza, come è la regola per Cagliari, ma degli scavi sistematici e finalizzati all’integrale recupero del possibile al fine di realizzare una vera e funzionale area di sana identità e di economia della cultura, garantendo qualche centinaia di stabili posti di lavoro fra diretto, indiretto e indotto.
Paradossalmente così come accadde nel 1257/1258 quando una coalizione di pisani alleati con gli altri tre giudicati sardi distrussero Santa Igia, pare persino cospargendovi sulle sue rovine del sale in segno di affronto, noi cagliaritani sia di nascita che di adozione, oggi abbiamo il dovere di far sentire la nostra voce e fermare questo ennesimo impoverimento. Infatti non è giusto che gli enti preposti alla tutela e salvaguardia del patrimonio ambientale e archeologico e che le stesse amministrazioni pubbliche locali ignorino che Santa Igia sia stato il “primo Stato sovrano indigeno della Sardegna” e facciano finta di niente e tenendo sotto traccia le importanti emergenze presenti.
A tutte queste istituzioni vogliamo ricordare che Santa Igia merita rispetto così come i suoi tanti ruderi che nel corso degli anni sono più volte emersi e frettolosamente occultati. Questo perché Santa Igia è l’unico sito che potrebbe svelare quel pezzo di storia a noi misterioso che va da VIII al XIII sec d. C., in un periodo a noi particolarmente importante e nel quale vi è stata la vera indipendenza dell’isola. Infatti grazie allo studio dei suoi reperti si potrebbe colmare questa ingiustificata lacuna. Non sacrifichiamo sull’altare dell’urbanizzazione e della modernità tutto questo. Fermiamoci prima che sia tardi.
Certo per fare queste proposte ci vuole coraggio perché so bene di suscitare in molti di voi sentimenti diversi e assai contrastanti e le reazioni dei “signori e apprendisti di corte” che vivono grazie alle Giunte di turno. Ma ciononostante ho il dovere di lanciare ancora una volta un sasso “in su Stani” nella speranza che qualcuno voglia davvero comprendere quello che è bene per la nostra amata città.
Roberto Copparoni
Per approfondire l’argomento è bene consultare il seguente testo:
S. Igia Capitale Giudicale Edizioni ETS Pisa 1986
PS: A questo proposito dovrebbe far riflette la definizione che l’OMT – Organizzazione Mondiale del Turismo ha dato di turismo sostenibile:
“Il turismo sostenibile è capace di soddisfare le esigenze dei turisti di oggi e delle regioni ospitanti prevedendo e accrescendo le opportunità per il futuro. Tutte le risorse dovrebbero essere gestite in modo tale che le esigenze economiche, sociali ed estetiche possano essere soddisfatte mantenendo l’integrità culturale, i processi ecologici essenziali, la diversità biologica, i sistemi di vita dell’area in questione. I prodotti turistici sostenibili sono quelli che agiscono in armonia con l’ambiente, la comunità e le culture locali, in modo tale che essi siano i beneficiari e non le vittime dello sviluppo turistico”.
Pertanto i tre principi irrinunciabili del turismo sostenibile sono:
1-Proteggere le risorse ambientali;
2-Fare in modo che le comunità locali beneficino di questo tipo di turismo, sia in termini di reddito sia in termini di qualità della vita;
3-Garantire ai visitatori un’esperienza di qualità;
In conclusione il turismo sostenibile cerca di “minimizzare gli impatti sull’ambiente, sulla cultura e sulla società generando contemporaneamente reddito, occupazione e la conservazione degli ecosistemi locali”