Il “giorno della Repubblica” per il diritto alla salute

La Costituzione, che a gennaio di quest’anno ha compiuto i suoi 60 anni di vita, è un documento fondamentale per la nostra pacifica convivenza.

Peccato che molti principi siano, praticamente, lettera morta.

Mi riferisco al diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della nostra "legge fondamentale", dove si afferma che:

"La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana".

Se questo è vero perché la legge impone a tanti cittadini di vivere in ambienti alterati dall’industria, unanimemente definiti, ad elevata pericolosità ambientale?

Perché non vi è una piena e diretta accessibilità ai dati di monitoraggio ambientale che gli enti preposti effettuano? Perché questi dati non sono immediatamente fruibili a tutti?

Perché in alcuni comuni "A rischio" questi dati sono forniti solo in parte e solo dopo una formale e circostanziata richiesta dell’interessato?

Perché spesso i dati "ufficiali" discordano da altri dati forse meno ufficiali ma più realistici?

Come mai non si rilevano le nuove malattie e gravi patologie leucemiche, polmonari e cardio vascolari che si manifestano proprio nei territori dove insistono queste fabbriche?

Come mai di tanti incidenti, verificatisi all’interno delle industrie, non si è mai saputo nulla?

Se il diritto alla salute di ciascun individuo è un valore essenziale della nostra vita sociale, perché sacrifichiamo questo diritto? Perché dobbiamo barattare un diritto assoluto con l’omertà, per garantirci la prosecuzione del rapporto di lavoro?

 

Certo tutti hanno famiglia e il lavoro è importante ma fino a che punto dobbiamo mettere a rischio non solo la nostra salute ma anche delle generazioni future per garantirci uno stipendio?

 

Il generalizzato "stato di bisogno" nel quale viviamo ci rende quasi "condannati a lavorare" nel senso che pur di lavorare rinunciamo alla nostra dignità umana, nella consapevolezza di un futuro segnato.

Un po’ come avveniva durante la dominazione romana che se "scomodo" venivi mandato ai lavori forzati nelle miniere "damnatio ad metalla ".

Ma forse è bene non pensare…lasciar perdere…meglio evitare. Tanto c’è sempre qualcuno che "per interesse" ti contesterà e dirà che sei il solito disfattista ambientalista rompicoglioni che vuole fermare lo sviluppo.

 

Ma di quale sviluppo parliamo? Quello del PIL che non c’è?

 

Certamente non il nostro…

 

Anni fa in località Monastir a lato della supestrada, sulla destra di chi proveniva da Cagliari, era stata scritta una frase assai significativa al riguardo, che riporto integralmente:

"Non prostituirti per un piatto di malloreddus".

Anche se sono passati circa 20 anni, a mio avviso, questa frase conserva una significativa attualità.

 

Chissà se l’ha letta Moratti, Provera, Berlusconi, Pili e Soru ecc. ecc.

 

Lo "stato di salute" non si riferisce  solo al singolo ma si riverbera su tutta la collettività, pertanto la relativa tutela non si esaurisce solo in situazioni attive di pretesa ma "implica e comprende il dovere di non ledere, tanto meno porre a rischio con il proprio comportamento la salute degli altri.

Personalmente non sono affatto convinto che ad Assemini, Capoterra, Sarroch, Ottana, Portoscuso, Portotorres, le cose vadano in questo modo.

Se il diritto alla salute è un valore costituzionale supremo in quanto riconducibile all’integrità psico-fisica della persona, non considerato solo quale diritto alle prestazioni sanitarie, le esigenze della finanza pubblica non possono assumere, nella valutazione degli interessi in gioco, un peso tale da determinare il sacrificio del diritto alla salute costituzionalmente protetto, come ambito inviolabile della dignità umana.

Il riconoscimento del diritto alla salute è quindi un "valore costituzionale supremo" .

Valutazione che si esprime, anche per effetto del collegamento con gli articoli. 2 e 3 Costituzione, dove si parla di "liberta" e di "uguaglianza" nell’affermazione del diritto alla salute come "diritto soggettivo" protetto da ogni aggressione ad opera di terzi e suscettibile di un’immediata tutela risarcitoria come "danno biologico", indipendentemente da qualsiasi altra conseguenza dannosa di rilevanza giuridica.

Inoltre questo diritto è un "diritto sociale" la cui pratica attuazione è essenziale per la realizzazione di quel principio di libertà-dignità che connota e adegua l’architettura della nostra Carta costituzionale.

Proprio la singolare connotazione di questo diritto induce ad invocarne la tempestiva tutela nella più ampia misura possibile ossia entro i limiti segnati dall’esigenza di una concomitante tutela d’altri interessi e dalla disponibilità di risorse umane e finanziarie nell’individuazione dei più opportuni ed adeguati servizi di prevenzione e assistenza sanitaria.

 

Roberto Copparoni

 

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