di Massimo Dotta
Nella mia esperienza come guida turistica è capitato più volte di sentire mirabolanti ricostruzioni sulla nascita del quartiere di Castello.
Purtroppo molte di queste sono riportate dai professionisti del turismo e mi ha sempre infastidito sentir dire che fino all’arrivo dei pisani sul colle di Castello non ci fosse nulla, fatto tutt’ora comune ma storicamente inesatto.
Nella descrizione della storia del quartiere si preferisce riportare notizie che derivano da racconti popolari o da personaggi tipici, che possono risultare affascinanti antropologicamente ma che sono storicamente infondati.
Per fortuna dati più attuali portano notizie differenti e permettono un racconto sicuramente più interessante.
Già le ricerche effettuate tra la fine del ‘900 e gli inizi del 2000 presso la Cittadella dei Musei, in Piazza Indipendenza e presso la Cattedrale, hanno rivelato che l’altura fu urbanizzata, e quasi sicuramente fortificata sin dall’epoca punica, anche a causa del conflitto tra Cartagine a Roma.
Questa notizia non dovrebbe stupire più di tanto anche per la riconosciuta presenza di numerosissime cisterne per la raccolta delle acque, che tutt’ora sono visibili e spesso visitabili in tutto il colle.
Dopo l’occupazione romana, nel 238 a.C., sembra che la piazzaforte sia stata tenuta in efficienza fino alla definitiva conclusione delle guerre puniche, ma poi abbandonata circa nel II a.C., perché ormai inutile a livello militare.
Però questo abbandono da parte romana viene in parte smentito dagli scavi recenti presso il Bastione di Santa Caterina e di San Remy che hanno riportato dati molto interessanti.
Oltre alle tracce che confermano la presenza punica, con una cisterna di un impianto idrico “a bottiglia”, simile al grande cisternone di Capo S. Elia, è emerso un sito pluristratificato, che ha visto una frequentazione continua dall’età preistorica fino all’età contemporanea senza soluzione di continuità.
Dall’età preistorica, a circa m 3 di profondità rispetto al pavimento della piazza attuale è emersa una porzione residua di una struttura, di età eneolitica, molto probabilmente sotterranea, divisa in diversi settori, che appare fortemente compromessa dai lavori di sbancamento successivi, tra i quali quelli di epoca punica. Questa struttura presenta evidenti analogie con le sepolture ipogee della cultura di Monte Claro (circa 2400-21 00 a.C.), fatto che mostra una presenza che inizia da molto lontano nel tempo.
Per quanto riguarda l’età romana, il rinvenimento di una sfinge vicino all’attuale scuola elementare di Santa Caterina, insieme ad un altra recuperata nel vicino duomo, ha fatto pensare alla presenza nell’attuale Castello di un tempio di età romana, decorato con queste sfingi, dedicato a Giove o a Iside, che doveva sorgere nei pressi dell’attuale cattedrale.
Dopo questi fatti ci troviamo davanti a un buco storico di diversi secoli nei quali sono avvenute molte cose: sono passati Vandali, Goti, Arabi segnando il paesaggio cittadino di quella che era stata la Karalis romana.
Questi eventi traumatici hanno segnato la vita della città fra l’VIII e il X secolo, e sono testimoniati da ricerche archeologiche, come quelle nell’area di Vico III Lanusei, dove tracce di un cimitero in uso certamente dall’età romana, viene danneggiato, ricoperto da uno strato di bruciato e poi da un altro di abbandono.
Molto probabilmente la città continuò a vivere “a macchie”, all’interno delle antiche mura romane come è successo a molte altre città del Mediterraneo.
Ma il probabile abbandono temporaneo dell’area si è avuto con lo spostamento verso la nascente Santa Igia causato dalla pesante incursione araba del 934/35.
Dopo con la definitiva sconfitta di Mughaid e la liberazione dell’isola del 1015, la «città vecchia» doveva trovarsi in uno stato di rovina tale, da essere abbandonata dagli abitanti locali. Fatti che emergono, ad esempio, dagli scavi sotto la chiesa di S.Eulalia, che mostrano edifici ricostruiti su strati di interro e a loro volta parzialmente coperte da cumuli di terra da agenti atmosferici, e in seguito all’uso dell’area come discarica.
Ed è forse questa la maggiore novità portata dalle ricerche recenti, cioè il fatto che l’area corrispondente all’antica città risulta coperta da strati e cumuli di interro, che varia dai 3 ai 7 m, che in momenti diversi hanno sepolto migliaia di anni di storia urbanistica e sociale, rendendo più complessa la ricostruzione delle fasi di vita della città.
Quindi all’incirca dagli inizi del 1000 i pisani sviluppano commerci e interessi in Sardegna e a Cagliari con una presenza continua di suoi cittadini, che hanno poi dato il loro supporto a Guglielmo nel momento in cui divenne giudice, ricevendo in cambio la possibilità di stanziarsi in diverse aree del giudicato. Così già prima della morte di Guglielmo si formò un primo insediamento pisano sul colle di Castello, al tempo di dimensioni ridotte, il districtus in Karali di mercanti pisani.
Dopo la morte di Guglielmo (1214) e l’ascesa al trono di sua figlia, Benedetta, i documenti testimoniano un avvenimento eccezionale per la storia del regno cagliaritano: la costruzione al suo interno di una struttura nuova fortificata e non controllata dal potere giudicale, un “castro”, il Castro Novo Montis de Castro, per di più già dotato di sue pertinenze.
Come doveva apparire Cagliari ai Pisani al momento della costruzione del castrum?
Il paesaggio era, con buona probabilità, quello di un terreno con diverse chiese antiche, parte delle quali in rovina, e molti ruderi di costruzioni in aree ormai disabitate. Uno scenario quasi rurale, con evidenti segni di abbandono, in cui appariva la nuova città di Santa Igia e verso il mare i ruderi della Carales romano-bizantina, ormai disabitata, con tratti delle antiche mura urbane.
Immaginate che per un certo periodo si perse anche il nome dell’antica città di Karalis, che troviamo usato ufficialmente per l’ultima volta nel 815 da Eginardo, che documenta un’ambasciata sarda a Traiectum (Francoforte) che chiedeva aiuto e protezione contro i musulmani.
Il nome Karalis riappare dopo la costruzione del castrum munitissimum nel Trecento, anche per riportare una situazione ben precisa di contrapposizione a Santa Igia e al potere giudicale: un nuovo nucleo fortificato (Castrum Novum) sul Monte di Castro. Con gli anni questo nuovo nucleo crebbe, fino a raggiungere notevoli dimensioni, e includendo al suo interno addirittura un ospedale e un lazzaretto.
Piazza Indipendenza nel 1332 compare nei documenti come Platea turris de Sancto Branchacio. Era probabilmente l’area dove sorse il primo insediamento pisano, il districtus in Karali, al tempo di dimensioni ridotte, come da sentenze del 1210-1213. Probabilmente era formato da una serie fitta di case-torri con corti interne, sul modello degli hospicium pisani, che potevano assicurare il massimo della protezione in un territorio tutto sommato ostile. In seguito alla pianificazione della città pisana si aprirà qui una delle porte del castello la porta di San Pancrazio, con uno slargo all’interno, nel quale si trovava anche l’unica fonte idrica del primo districtus.
Qui si trova infatti il Pozzo di San Pancrazio, la cui realizzazione ufficiale risale al 1235 (come attestato in una iscrizione pisana, che oggi è perduta, ma che era ancora leggibile nel 1780), la cui acqua sarà molto importante per l’intero quartiere, facendolo rimanere in uso fino alla costruzione del moderno acquedotto nell ‘800. Ma il pozzo sembra però essere addirittura di origine romana, altro fatto che non conferma l’abbandono del sito riportato sopra.
Insomma è possibile e plausibile che il colle abbia visto una presenza ininterrotta forse anche precedente all’acropoli punica, che meriterebbe di essere raccontata e ricordata.
Immagini del Castello di Cagliari da Google Earth, earth.google.com/web/.