Il giorno più lungo della storia che cambiò il mondo..
di Paolo Piu
Il Presidente degli Stati Uniti, in questi giorni in visita in Gran Bretagna e in Francia per ragioni di Stato, tra il 5 e il 6 giugno ricorderà il 75° anniversario dello sbarco in Normandia. In quel famoso giorno denominato il D-Day (secondo alcuni da interpretare come Decision Day, per altri semplicemente un nome in codice privo di significato), all’interno dell’operazione militare Overlord, venne effettuata più la grande impresa militare della seconda guerra mondiale, che ne accelerò la conclusione e liberò l’Europa dal nazismo. Organizzata dall’esercito degli Stati Uniti e da quello britannico con la collaborazione di altri Paesi, tra cui il Canada, la Francia e gli altri Stati europei invasi dalla Germania nazista.
Il generale statunitense Dwight Eisenhower era al comando supremo dell’operazione; il generale britannico Bernard Montgomery comandava le forze di terra. La strategia di sbarco fu studiata nei minimi particolari. Innanzitutto doveva aver luogo durante la fase della luna piena, necessaria non solo per illuminare le tenebre durante la navigazione, ma soprattutto perché essa regola il flusso delle maree, così da poter evitare le mine posizionate in mare e potersi avvicinare il più possibile alle spiagge coi mezzi da sbarco. Come data fu scelta quella del 5 giugno poi spostata al 6 a causa delle avverse condizioni meteorologiche. Per poter attuare con successo l’operazione, venne allestita la più grande flotta da sbarco della storia, che contava oltre 5000 navi di ogni specie. Vennero impiegati centinaia di migliaia di uomini, decine di migliaia di carri armati e di veicoli militari. Mai nulla di simile si era visto prima di allora al mondo.
Al generale tedesco Erwin Rommel era stato affidato il compito di rafforzare il Vallo Atlantico, che si estendeva dalla Norvegia fino al confine con la Spagna. Fu lui a dare la definizione divenuta celebre (« … le prime ventiquattr’ore dell’invasione saranno decisive… per gli Alleati e per la Germania, sarà il giorno più lungo »). Egli aveva previsto inoltre che il luogo dello sbarco sarebbe stato la Normandia, andando contro l’opinione diffusa tra Hitler e gli altri ufficiali dello Stato Maggiore tedesco, i quali erano convinti che gli Alleati sarebbero sbarcati al Pas-de-Calais. Questa era la località in cui in origine intendevano sbarcare gli americani, ma era anche il punto dove i tedeschi avevano maggiormente rafforzato le difese perché si aspettavano un’azione militare proprio in quel luogo. Diverse finte operazioni di sbarco a Calais da parte degli Alleati consolidarono questa convinzione. Gli inglesi invece individuarono la Normandia come luogo strategicamente più adatto. Alla fine la decisione fu presa e vennero scelte le cinque spiagge comprese lungo le 50 miglia della costa normanna.
Il giorno in cui avvenne lo sbarco Rommel si trovava in Germania per festeggiare il compleanno della moglie, rassicurato dal fatto che non ci sarebbe stato alcun pericolo date le pessime condizioni climatiche. Nulla faceva supporre che proprio quel giorno sarebbe stato scelto per la grande operazione, rimasta segreta fino all’ultimo momento. Quella data memorabile colse la Germania del tutto impreparata ad affrontare le forze avversarie, ma ancora una volta Hitler diede l’ordine di non muovere il grosso delle truppe, pensando si trattasse di una manovra distrattiva e che il luogo dello sbarco effettivo sarebbe stato Calais.
I nomi in codice dati alle spiagge della Normandia furono: Utah e Omaha, assegnate agli americani, Gold, Juno e Sword, agli inglesi e ai canadesi. Gli Alleati che sbarcarono su queste spiagge a partire dal 6 giugno 1944 furono in totale due milioni e ottocentomila, di cui più della metà statunitensi; gli altri erano prevalentemente inglesi, canadesi e francesi, ma ci fu anche la partecipazione, tra gli altri, degli australiani, dei belgi, dei norvegesi e degli olandesi.
Nella spiaggia di Sword, la più orientale delle cinque, furono lanciati i paracadutisti nel cuore della notte, ma a causa del buio e del forte vento essi atterrarono lontani dall’obiettivo prefissato. Nonostante ciò riuscirono a riunirsi e a conquistare la spiaggia prima dell’arrivo della fanteria alleata. Gli anglo-canadesi sbarcarono a Juno. Essa fu la seconda spiaggia a registrare il più alto numero di vittime: 1200 tra morti e feriti.
Anche a Utah l’82sima e la 101esima divisione statunitense aerotrasportata, composta da 13 mila paracadutisti, fu poco fortunata a causa del lancio effettuato nel corso della notte, una tattica che non venne più impiegata per il resto della guerra. Come risultato, il 45% delle unità fu dispersa su un vasto territorio e a causa di ciò fu incapace di riunirsi. Ad ogni modo, quando sul far del giorno arrivarono le truppe da sbarco, anche questa spiaggia era già stata conquistata. I paracadutisti dell’82sima divisione occuparono Sainte-Mère-Eglise, che fu così la prima città francese ad essere liberata dalle truppe alleate già prima dell’alba.
Invece tutto andò storto da subito in quei 6 km della spiaggia di Omaha, che era la meglio difesa fra tutte: i primi soldati sbarcarono troppo lontani dalla riva e morirono annegati a causa del pesante equipaggiamento. La difesa tedesca della 352° divisione cominciò a mitragliare in direzione dei mezzi da sbarco e molti soldati americani morirono prima ancora di aver toccato terra. Gli ufficiali in comando pensarono addirittura di tornare indietro e rinunciare all’operazione di sbarco. Inoltre gli aerei alleati avevano bombardato dietro la linea di difesa ma non sugli obiettivi o sulla spiaggia a causa della scarsa visibilità, per cui quando le truppe approdarono non trovarono neanche una buca in cui ripararsi dal fuoco nemico. Dopo 10 minuti dalla prima ondata di sbarco, in certi settori i soldati erano completamente allo sbando, perché tutti gli ufficiali e i sottufficiali erano morti o feriti. Ciò accadde perché, a differenza delle altre spiagge, le truppe non furono supportate dagli Sherman, i carri armati anfibi creati per l’occasione, che a causa del forte vento e della corrente sbarcarono a diversi chilometri di distanza o affondarono in mare. Le vittime tra gli americani furono da 3 a 5 mila su un contingente di quasi 50 mila uomini.
Non va dimenticato il ruolo svolto dai Rangers del 2° e del 5° battaglione, che poco prima dell’alba riuscì a scalare con scale e corde, sotto un incessante fuoco nemico, le scogliere di Pointe du Hoc, alte dai 30 ai 100 metri, situate alle due estremità della spiaggia di Omaha, col fine di distruggere i pezzi di artiglieria nemica posti in cima. Quando i Rangers finalmente riuscirono a raggiungere la meta si accorsero che i temuti cannoni non c’erano. L’impresa costò loro perdite oltre il 70% del contingente. Il fotografo Robert Kapa fu un testimone d’eccezione di questi avvenimenti. Dobbiamo a lui la maggior parte delle foto che ritraggono lo sbarco proprio nella spiaggia di Omaha.
Alla fine la Normandia fu riconquistata e da lì ebbe inizio la liberazione dell’Europa. Ma il numero delle vittime su quelle spiagge fu altissimo: 10-12 mila tra gli Alleati, tra 4 e 9 mila fra i tedeschi. Rommel morì suicida quello stesso anno, mentre nel 1953 Eisenhower fu eletto 34° Presidente degli Stati Uniti.
Dopo il successo ottenuto grazie a questa operazione che accelerò la fine della guerra, gli americani raggiunsero l’apice della popolarità in ambito internazionale, che non riuscirono mai più a eguagliare nei decenni successivi.
Alcuni film hanno rievocato questa vicenda. Tra i più importanti ricordiamo: The longest Day (Il giorno più lungo), del 1962, tratto dal libro omonimo di Cornelius Ryan e Saving Private Ryan (Salvate il soldato Ryan) del 1998, per la regia di Steven Spielberg, entrambi vincitori del premio Oscar.
È importante tener presente che se ignoriamo gli avvenimenti accaduti nel passato, essi sono destinati a ripetersi. In questa data vogliamo commemorare e onorare le migliaia di vittime tra gli Alleati che, se non fossero riusciti nella loro impresa, l’Europa sarebbe rimasta ancora a lungo sotto
la dittatura nazista e il mondo sarebbe stato ben diverso da come noi oggi lo conosciamo.