I giudici di Buckeburg e la Giudicessa Eleonora di Oristano
di Nella Condorelli
Sino a ieri, la citta’ di Buckeburg, capoluogo del lander Shaumburg-Lippe,nella Bassa Sassonia, sulla strada da Colonia a Berlino, era nota quasi esclusivamente ai melomani. Qui, nel 1795 chiuse la sua vita terrena il musicista Johan Cristoph Frederic Bach, figlio del piu’ noto Sebastian, e qui’ si consumo’ il definitivo passaggio della musica da camera tutta tedesca verso quella tutta italica (passaggio non indolore, raccontano i critici, anzi: per la supremazia di questa o di quella nota armonica, i maestri musicisti disputarono a lungo tra di loro, per ogni contrada). Altri tempi, altre dispute. Da oggi, la sentenza del tribunale cittadino, presieduto dal giudice Von Hammerstein, che ha concesso uno sconto di pena ad un’immigrato italiano, condannato per violenza sessuale, in virtu’ delle sue "particolari impronte etniche e culturali: e’ sardo", oscura ogni precedente.
Riassumiamo. Maurizio Pusceddu, 29 anni, cagliaritano, emigrato, tiene reclusa per tre settimane la fidanzata lituana, la picchia, la violenta, la tormenta e l’umilia in tutti i modi. Lei lo denuncia. L’uomo viene arrestato, si celebra il processo. Per questo tipo di reati, il codice penale tedesco prevede pene esemplari, sino a 15 anni di reclusione. Pusceddu si dichiara colpevole,confessa, arriva la sentenza. Sei anni di galera, con la concessione di attenuanti generiche, ed un sostanzioso sconto di pena. Il caso si chiude. Sino a qualche giorno fa, quando la vicenda esplode per via dell’ormai prossima udienza presso la corte d’appello, a Cagliari, chiamata a pronunciarsi sulla richiesta del’avvocata della difesa di trasferimento del condannato in un carcere italiano (23 ottobre).
"Mi sono accorta della concessione dell’attenuante "culturale", che io non avevo certo richiesto, – denuncia a Radio24 la legale Anna Maria Busia -, solo dopo aver ottenuto una copia tradotta in italiano della sentenza.". E’ cosi che viene alla luce il retropensiero che ha guidato i giudici di Buckeburg. Nel dispositivo della sentenza che concede attenuanti e sconto di pena, si legge infatti (in successione) che il ventinovenne imputato e condannato «è un sardo; il quadro dell’uomo e della donna, esistente nella sua patria, non può certo valere come scusa, ma deve essere tenuto in considerazione come attenuante», che «i reati sono stati un efflusso di un esagerato pensiero di gelosia», e che «come cittadino italiano che deve vivere separato dalla sua famiglia e dalla sua cerchia di amici, egli è particolarmente sensibile alla reclusione.".
Storia e sentenza finiscono sulle prime pagine dei giornali, tanto italiani quanto tedeschi, fioccano le reazioni indignate del nostro mondo politico, senza distinzione di schieramenti, dagli indipendisti sardi a Rifondazione e Pdci fino ad An, passando per Ulivo, Udeur, Forza Italia e Lega: la sentenza e’ "razzista e intollerante", oltre ad essere "offensiva". Da parte sua, il tribunale di Buckeburg si difende e ieri, con la portavoce Birgit Brueninghaus, fa sapere che le origini sarde del condannato sarebbero state prese in considerazione solo per contestualizzare la sua «spiccata gelosia.". Rimedio peggiore della malattia? Di certo, la sentenza di Buckeburg fa impallidire la disputa dei musici del tempo andato, e rischia di proiettare i giudici che l’hanno emessa sul tribunale eterno della storia, con l’accusa di razzismo contemporaneo.
Da parte nostra, alcune brevi considerazioni, colte qua’ e la’ tra le donne delle associazioni, a partire da quelle sarde, a proposito di razzismo e di ignoranza, come vuoto di conoscenza della storia e della cultura di un popolo. Come base di stereotipi difficili da rimuovere.
Ignorano, per esempio, i giudici di Buckeburg che, in Sardegna, gia’ all’alba del XIV secolo, esattamente nel 1392, Eleonora d’Arborea, Giudicessa dell’omonimo Giudicato sardo – come dire "regina": "iudex sive rex" (era il titolo riconosciuto anche dal popolo) – , promulgo’ la Carta de Logu, il primo codice europeo che riconosce la donna soggetto di diritto. La Carta de Logu dedica articoli specifici anche al reato di stupro, punendo con pene severe tanto gli stupratori quanto i familiari (da una parte e dall’altra) che avessero spinto le ragazze vittime al matrimonio riparatore.
"Si placuet", se a lei piaceva.., la Carta permetteva le nozze soltanto dopo il consenso della ragazza, – mi spiega al telefono Pupa Tarantini, storica di Eleonora, presidente della Fidapa di Oristano, e gia’ presidente della CPO del Comune.
"Una legislazione certamente rivoluzionaria per i tempi, – continua -, che rimase in vigore sino allo Statuto albertino, il codice che nei fatti ha annullato un patrimonio giuridico vecchio di secoli, preesistente alla stessa Eleonora che, da regina, ebbe la lungimiranza di codificarlo, e che rimane tuttavia nel dna dei sardi. Da noi, anche i bambini conoscono Eleonora e le sue leggi. L’uomo condannato e’ un violento e basta, come se ne trovano purtroppo sotto tutti i cieli.".
E adeso, pensate di fare qualcosa, anche in vista della prossima udienza al Tribunale di Cagliari?
"Chiedero’ a Giovanna Corda, neo-europarlamentare sarda, figlia di immigrati eletta in Belgio, socia onoraria della nostra Fidapa, – conclude Tarantini -, di consegnare una copia della Carta de Logu ai giudici di Buckeburg, e di informarne il nostro ministro della Giustizia. Nell’Europa comunitaria, gli stereotipi culturali, il razzismo, si combattono anche con la conoscenza e la cultura condivisa, compresa quella giuridica, elemento portante della nostra storia e della nostra democrazia. Penso comunque che una copia della Carta de Logu vada consegnata anche a lui e a tutti i nostri parlamentari:la legge contro la violenza sulle donne giace ancora in commissione, chiediamo ai parlamentari una rapida approvazione, ed al ministro di attivarsi in questo senso.".
Tratto da: http://www.articolo21.info/notizia.php?id=5522
13/10/2007